In una fredda sera del gennaio 1987, nei pressi di Varese, in una stradina di campagna si consuma forse una violenza sessuale e quindi un omicidio. La vittima è una ragazza di nome Lidia Macchi, di ventuno anni, attivista di Comunione e Liberazione, studentessa di giurisprudenza a Milano che, poco prima di incontrare il suo aguzzino, era stata a trovare una sua amica ricoverata all’ospedale di Cittiglio. Le indagini si concentrano nell’ambiente frequentato dalla giovane ma, i sospettati, nonostante i rilievi del DNA, i primi effettuati in Italia, escono indenni dall’inchiesta. L’assassino di Lidia, dopo oltre vent’anni, non ha ancora un nome.