24/10/2024
19/08/2010

In Libano l'arabo
si sta perdendo

Proteggere la lingua araba in una cultura poliglotta come quella libanese è impresa ardua. Le nuove generazioni prediligono inglese e francese a discapito della lingua ufficiale del Paese

Gulf News, 19 agosto 2010

La fatica di proteggere la lingua araba in una cultura poliglotta
Sono molti a temere che le nuove generazioni libanesi stiano perdendo la lingua ufficiale del Paese, l'arabo.

Beirut. I figli di Maya Sabti sono nati e cresciuti in Libano, ma parlano male l'arabo e inorridiscono al pensiero di leggere un libro in quella lingua. "Faccio di tutto per suscitare il loro interesse, ma non posso dare la colpa a loro se la cosa non riesce" dice Sabti, madre di due bambini, di 8 e 10 anni. "Film, cellulari, Facebook, che nella loro vita rivestono una certa importanza, parlano tutti inglese".

In Libano, dove già nella vita di tutti i giorni le conversazioni sono da sempre spruzzate di francese e inglese, molti temono che le nuove generazioni perdano il contatto con la lingua ufficiale del Paese, e cioè l'arabo. La cosa preoccupa al punto da attivare alcune associazioni impegnate nel sociale.

"I giovani hanno già cominciato ad allontanarsi dall'arabo, cosa che ci preoccupa molto" dice Suzanne Talhouk, 33 anni, poetessa libanese che dirige "Feil Amer", un’associazione nata un anno fa con lo scopo di rilanciare la lingua araba. "Senza una lingua comune a tutti i cittadini di uno stesso Paese, vengono a mancare identità e scopi comuni" continua la Talhouk, che ha scelto per l'organizzazione un nome che, nella grammatica araba, significa proprio "imperativo".
L'arabo dovrebbe essere la madrelingua di circa 280 milioni di persone, che vivono principalmente in Medio Oriente e Nord Africa. La lingua scritta, l'arabo letterario classico, è comune a tutti i paesi di lingua araba, mentre il parlato di differenzia molto nelle sue varie versioni dialettali regionali. L'arabo è una lingua per la quale saperla parlare bene non corrisponde necessariamente a saperla scrivere e leggere bene.

Succede anche che, a causa del retaggio coloniale francese, sono molti i cittadini libanesi orgogliosi di parlare bene francese e inglese, anche se l'arabo è la lingua ufficiale di questo minuscolo paese del Mediterraneo che conta quattro milioni di abitanti in tutto. Una qualsiasi conversazione, in Libano, comprende un misto delle tre lingue, e la frase "Hi kifak, ca va?" ne è un chiaro esempio, perché è composta dal saluto inglese "Hi - ciao" e "ca va - come va" in francese. Questa frase viene pronunciata così spesso, che è diventata il saluto tipico in Libano, tanto da essere stampata sulle t-shirt e sui souvenir per i turisti.

Gran parte delle scuole in Libano insegnano le tre lingue contemporaneamente a partire dalla prima infanzia, ed è frequente che una famiglia mandi i figli in scuole francesi o americane, dove l'arabo viene però relegato al terzo posto quando va bene. Come se non bastasse, tra i giovani si è diffusa l'abitudine di scrivere, soprattutto su Facebook, in arabo usando le lettere latine.

Neanche i politici sono immuni da questa strana tendenza nazionale. L'anno scorso il Primo Ministro Saad Hariri, 40 anni, si è impuntato durante un discorso in Parlamento, dando chiara dimostrazione di avere difficoltà con l'arabo classico, provocando le risa dei presenti e di tutti quelli che poi hanno potuto vedere il video postato su Youtube.

Ma il problema non si limita ai confini del Libano. La vicina Siria richiede infatti che almeno il 60% delle insegne di bar, ristoranti e attività commerciali sia in arabo. Però, per il Libano il problema è particolare, perché la società libanese è più aperta, ci dice Mounira Al Nahed, vice segretario generale della sede di Beirut della Arab Thought Foundation.

Il mosaico etnico e religioso ha da sempre reso il Libano aperto alle influenze straniere. Come se non bastasse, esiste anche la diaspora, che conta circa 8 milioni di persone di origine libanese che vivono in giro per il mondo, dal Brasile all'Australia, che tornano di frequente a casa in visita, avendo spesso dimenticato l'arabo.
Al Nahed punta il dito soprattutto contro i genitori, che in casa parlano francese o inglese con i figli, convinti che prima o poi questi ultimi l'arabo lo impareranno lo stesso. Invece, ciò ha prodotto l'effetto contrario, con l'arabo relegato alla terza e lontana posizione tra le preferenze linguistiche.
"Si è arrivati al punto che i giovani pensano sia parlare arabo sia una vergogna, fenomeno sconosciuto nei paesi del Golfo o in altri paesi Arabi", conclude.

Anche a scuola i metodi di insegnamento non incoraggiano a parlare arabo, perché fanno sembrare la lingua poco interessante e difficile da imparare. La Tahouk e gli altri si sono coalizzati allo scopo di cambiare questa tendenza e hanno fatto il giro delle università per rendersi conto di quale sia la gravità del problema. Chiedevano agli studenti di recitare l'alfabeto arabo, ma erano pochi quelli che sapevano andare oltre la quinta lettera. "Gli studenti, oltretutto, non capivano perché mai dovessero prendersi la briga di imparare l'arabo, una lingua che ritengono non serva loro a nulla" ci racconta la Talhouk.

Nel tentativo di sensibilizzare al problema, l'organizzazione ha messo in piedi a Beirut un festival full-immersion che ha intitolato "Siamo quello che parliamo". Il festival era fatto di mostre del libro, letture pubbliche, musica e un minimo di propaganda attraverso poster che invitavano a "Non uccidere la nostra lingua" e "Insegnare l'arabo ai bambini”.
Sabti, mamma che ha portato i figli al festival, lo ha fatto con la speranza di cambiare qualcosa nel loro modo di pensare. "C'è bisogno di più iniziative di questo genere, per far capire ai ragazzi che la lingue fa parte del patrimonio culturale da proteggere".

Youssef Dakhil, vent’anni e studente universitario, individua la causa del problema nella mancanza di una identità nazionale libanese. "Purtroppo, ci piace di più tutto ciò che viene importato, comprese le lingue straniere"