Perù: l'ateneo che dichiarò guerra al Vaticano
Lima, Perù. La Chiesa cattolica perde fedeli ma attacca un'università di eccellenza nota per il suo pluralismo
Perù: l'ateneo che dichiarò guerra al Vaticano
La Chiesa cattolica perde fedeli ma attacca un'università di eccellenza nota per il suo pluralismo
Simeon Tegel per il Global Post 1 agosto 2012
Lima, Perù. Da una parte i fedeli che abbandonano a frotte e vanno a gonfiare le fila degli evangelici come in tutta l'America Latina, dall'altra la credibilità in calo a causa della condanna della contraccezione: ma in questo paese sudamericano la Chiesa Cattolica non può permettersi ulteriori passi falsi. Resta il fatto che nell'ultimo confronto con i suoi seguaci, il Vaticano si è sentito dire senza mezzi termini da una delle più prestigiose università cattoliche peruviane, che da ora in poi non accetterà ingerenze di alcun tipo su questioni riguardanti la libertà accademica.
Quello che succede alla Pontificia Università Cattolica del Perù (PUCP) non è che l'ultimo sviluppo di un aspro confronto tra la comunità dei credenti e l'ultra conservatore Juan Luis Cipriani, arcivescovo di Lima. E da Roma è arrivato l’ordine di eliminare dal nome dell’ateneo "pontificia" e "cattolica", a causa di presunte violazioni del diritto ecclesiastico da parte dell’istituzione, che ha negato a Cipriani, già membro dell’Opus Dei, il controllo sulle proprietà e la possibilità di intervenire sulle nomine dei docenti universitari. Molti in ambito universitario temono che cedere su tali punti darebbe modo all’arcivescovo di porre fine alla tolleranza e all’imparzialità che hanno reso famoso l’ateneo.
In un documento il Vaticano accusa la PUCP di "compromettere seriamente gli interessi della Chiesa" e insiste sul fatto che l'università ha l'obbligo di continuare a osservare la legge canonica'. La PUCP ha apertamente disatteso l'ordine ricevuto, perché il diritto di scegliersi un nome viene garantito all’istituzione accademica dalla legge e da una clausola della Costituzione peruviana, che salvaguarda il 'diritto all'identità', senza contare che studenti e laureati potrebbero intentare causa in quanto titolari (o aspiranti tali) di un certificato di laurea con il ‘marchio’ PUCP.
Tutto ciò arriva in un momento in cui l'autorità della Chiesa è messa in discussione in tutta l’America Latina da minacce senza precedenti. Dall'Argentina al Messico gli evangelici attingono in maniera massiccia dalle fila dei cattolici, mentre alcuni insegnamenti su questioni di interesse sociale - in particolare il divieto di ricorrere a metodi anticoncezionali – vengono ignorati dagli altrimenti devoti seguaci. Fondata nel 1917, la PUCP è diventata una prestigiosa e moderna università, nella quale si muovono varie realtà accademiche; è stata inoltre culla del movimento della 'teologia della liberazione', perché il fondatore Gustavo Gutierrez insegnava proprio qui.
La teologia della liberazione, che si è velocemente diffusa in tutta l'America Latina negli Anni '60, sostiene che la Chiesa debba essere al fianco di quanti vogliano liberarsi da condizioni di ingiustizia politica, sociale ed economica. Negli Anni '80, quando era ancora cardinale, l'attuale pontefice Benedetto XVI criticò aspramente il movimento nonostante fosse dalla parte dei poveri e degli oppressi, definendolo 'marxismo cristiano' in quanto promotore della ‘lotta di classe’. Molti sacerdoti seguaci degli insegnamenti di Gutierrez hanno scelto di vivere e lavorare nelle comunità più povere, trovandosi spesso ad affrontare le dittature militari di molti stati sudamericani.
L’arcivescovo Cipriani viene da tutt'altra scuola. Negli anni è stato più volte accusato di aver abbandonato i più vulnerabili. Il più grande scrittore peruviano vivente, Mario Vargas Llosa, ha accusato Cipriani di non aver contrastato le sterilizzazioni di massa forzate per 300 mila donne indigenti, una politica secondo alcuni attuata dal governo di Fujimori, oggi in carcere con una condanna a 25 anni per crimini contro l'umanità. Secondo Vargas Llosa, che lo paragona a Torquemada e all'Inquisizione spagnola, l’arcivescovo rappresenta la "peggiore tradizione della Chiesa".
In Perù viene anche attribuito all'arcivescovo l'utilizzo di un termine in slang non molto elegante ("cojudez", forse traducibile eufemisticamente con "sciocchezze") per liquidare la questione diritti umani. Nonostante abbia riconosciuto in un blog di aver utilizzato proprio quella parola, l'alto prelato sostiene però di essersi riferito in modo particolare all’attività di una ben nota suora spagnola. Ed ha precisato che "i diritti umani sono fondamento del messaggio cristiano". Date le sue idee politiche, lo scontro tra l'arcivescovo e la PUCP era pressoché inevitabile, nonostante l'università vanti molti studenti e docenti ferventi cattolici orgogliosi di esserlo, anche se non sempre allineati con gli insegnamenti della Chiesa. Senza contare che alla PUCP insegnano e studiano anche non cattolici, che condividono i sentimenti prevalenti nella comunità accademica, ovvero il rispetto e l'orgoglio di appartenere alla Chiesa.
Reynaldo Ledgard, rettore della facoltà di architettura, mette in discussione il sostegno del Vaticano a Cipriani. "La risoluzione che ci riguarda è la dimostrazione che per l'establishment della Chiesa il valore supremo è l'obbedienza" ha detto al nostro giornale. "E che la Chiesa è lontana dalla realtà contemporanea e non ammette opinioni diverse".
Dopo la comunicazione del Vaticano, Cipriani ha detto alla radio che ‘non lo ritiene un trionfo personale’. Ma se di vittoria si tratta, sembra essere una vittoria di Pirro: "Stanno perdendo un’università prestigiosa, frequentata da ferventi cattolici" ha dichiarato Ledgard.
A quanto pare, la lista dei settori in cui il Vaticano sta allontanando seguaci altrimenti devoti si allunga......