Sull'Afghanistan
è scontro
Scontro nella maggioranza sull'Afghanistan. Bossi chiede il ritiro delle truppe. Contraria la maggioranza e il Pd. Intanto nel paese asiatico sale la tensione in attesa delle elezioni del 20 agosto.
Dopo l'escalation di violenza in Afghanistan contro i militari del contingente italiano, scoppia la polemica all'interno della maggioranza sulla presenza dei nostri soldati.
LE PAROLE DI BOSSI. A far discutere, la proposta del leader della Lega Nord Umberto Bossi di rinunciare alla missione e riportare a casa tutto il contingente. "Io li porterei a casa tutti. La missione costa un sacco di soldi e visti i risultati e i costi bisognerebbe pensarci su". Un problema economico più che di sicurezza. "Secondo me- aggiunge il leader del Carroccio- è necessario spendere il meno possibile anche se è chiaro che in Afghanistan c'è un problema internazionale che non è così semplice da risolvere". E per il ministro della semplificazione legislativa il ritiro dei nostri militari dovrebbe riguardare anche il Libero e l'ex Jugoslavia.
LA MAGGIORANZA BOCCIA LA PROPOSTA. Immediata la replica del ministro della Difesa Ignazio La Russa, il quale è fermo nell'affermare l'importanza della missione. "Se pensassimo da papà come ha fatto Bossi, è il primo sentimento. Ma noi come anche Bossi pensiamo da ministri e sappiamo che quello che stanno facendo i ragazzi della Folgore insieme agli altri contingenti internazionali è un compito importante, imprescindibile, irrinunciabile".
IL PARTITO DEMOCRATICO RILANCIA. E' necessario ridefinire i termini della missione, ma secondo il segretario del Pd Franceschini "il primo nostro dovere è proteggere i nostri soldati, restando nell'ambito delle misure disposte del Parlamento e, semmai, con un' azione attiva sul piano internazionale del Governo italiano perché vengano ridefiniti i termini della missione". In che senso? Per il presidente del Copasir Francesco Rutelli (Pd) "si deve senz'altro rafforzare il quadro della missione sul piano civile, ma non si può tornare indietro".
SALE LA TENSIONE. Il paese asiatico si sta preparando alle presidenziali del 20 agosto. La data si avvicina e continua l'escalation di violenza. L'ultimo attacco, in ordine di tempo, sabato pomeriggio, al passaggio di un blindato italiano nella zona di Herat, dove sono rimasti lievemente due militari. Nella stessa giornata, un altro ferito a Farah.