Sette anni
per Dell'Utri
La Corte di Palermo condanna Marcello Dell'Utri, braccio destro del Presidente del Consiglio Berlusconi, anche in appello, riducendo la sentenza di primo grado, a 9 anni, ma lo assolve per le "condotte successive al 1992, perché il fatto non sussiste"
7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. La Corte di Palermo condanna Marcello Dell'Utri, braccio destro del Presidente del Consiglio Berlusconi, anche in appello, riducendo la sentenza di primo grado, a 9 anni, ma lo assolve per le "condotte successive al 1992, perché il fatto non sussiste".
Il pg Nino Gatto, a conclusione della sua requisitoria, aveva chiesto per Dell'Utri una condanna a undici anni di reclusione.
«Con questa sentenza si mette una pietra tombale sulla presunta trattativa tra Stato e mafia durante il periodo delle stragi. Quello che ha detto Spatuzza non è stato evidentemente preso in considerazione come voleva l'accusa» ha detto l'avvocato Nino Mormino, legale di Dell'Utri, sottolineando che la corte ha assolto il suo assistito per le condotte contestate in epoca successiva al 1992, escludendo cioè qualunque «patto» tra lo Stato e Cosa Nostra subito dopo le stragi.
Dopo un lungo processo, sette anni il primo grado, quattro il secondo, e sei giorni di camera di consiglio arriva la sentenza definitiva.
INIZIA IL PROCESSO. Il 2 gennaio del 1996 la Procura di Palermo apriva un'inchiesta su Marcello Dell'Utri, in seguito alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Tullio Cannella.
Il processo, apertosi il 5 novembre del 1997, si conclude dopo 256 udienze. Ben 270 i testimoni ascoltati, e fra loro una quarantina di collaboratori di giustizia
PRIMO GRADO. La sentenza di condanna di primo grado a 9 anni a carico di Dell'Utri, per concorso esterno in associazione mafiosa, è emessa dal Tribunale di Palermo presieduto da Leonardo Guarnotta l'11 dicembre del 2004, dopo 13 giorni di camera di consiglio. Con Dell'Utri viene condannato a 7 anni l'altro imputato. Un'accusa di primo grado era politica.
Per il procuratore generale sarebbe provato e si sarebbe concretizzato "il patto di scambio fra Cosa Nostra e Dell'Utri, già riconosciuto fondato dai giudici di primo grado".
I TESTIMONI. Nel 2009 piombano sul senatore del Pdl i verbali del dichiarante Gaspare Spatuzza: "Abbiamo ottenuto quello che volevamo: abbiamo il Paese in mano. E non sono stavolta quei crastazzi dei socialisti, ma Silvio Berlusconi e il nostro compaesano...", avrebbe detto a metà gennaio del 1994 il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano a Spatuzza che entra ufficialmente nel processo il 4 dicembre nell'udienza di Torino: Nell'incontro al bar Doney di via Veneto, "Graviano mi disse che chi ci garantisce "è quello di Canale 5" e che tra i nostri referenti "c'era un nostro compaesano", cioè proprio Dell'Utri.
Una settimana dopo, l'11 è il momento dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano che non confermano le dichiarazioni di Spatuzza. Intanto, il 26 febbraio dal processo Mori Massimo
Ciancimino riferisce che "Dell'Utri sostituì don Vito, nella presunta trattativa tra Stato e mafia" e che è lui il "senatore" citato nei pizzini che il padre si scambiava con Provenzano, anzi tra il politico e il padrino "c'erano contatti diretti".
"Dell'Utri contribuì alla trattativa e Provenzano si fidava di lui", dice nella requisitoria il Pg che alla fine chiede la condanna a 11 anni per l'imputato.
«Sono profondamente deluso», ha ammesso dopo la lettura della sentenza. Il senatore del Pdl non era presente in aula a Palermo: Dell’Utri è infatti rimasto a Milano.
I legali del senatore ricorreranno in terzo grado