Una bara di nome
Mediterraneo
73 eritrei morti nelle acque del Canale di Sicilia. In 5 arrivano a Lampedusa: decine di imbarcazioni ci hanno ignorati, nessuno ci ha soccorsi. E un lampedusano scrive una lettera aperta dopo la strage. Parole dure come pietre
E CI DICIAMO CRISTIANI. Lettera aperta di un lampedusano dopo la strage shock nel Mediterraneo. Parole dure come pietre.
"Oggi abbiamo saputo della morte di molte persone, persone che io non conoscevo. Persone, non clandestini, persone non criminali. Ci diciamo cristiani, devoti della Madonna di Porto Salvo, ma non abbiamo neanche l'idea di cosa significhi essere cristiani, e il nostro porto lo vorremo pieno di barconi da cui scendono donne con collane di perle e uomini con occhiali da 300 euro e i poveracci a casa loro, quelli che non portano soldi a casa loro". E' uno stralcio di una lettera aperta scritta da un cittadino di Lampedusa ai suoi concittadini, dopo avere appreso dell'ennesima tragedia dell'immigrazione in cui hanno perso la vita 73 migranti.
Giacomo Sferlazzo, titolare di una panineria, è promotore di una associazione per i diritti degli immigrati. "Oggi - continua Sferlazzo- sono morte delle persone che non sappiamo da quali situazioni scappavano, oggi sono morte delle persone che non avevano niente, niente macchinoni, niente case non televisori al plasma e aria condizionata in ogni stanza, niente vestiti firmati, niente mangiare da buttare perchè siamo troppo pieni, niente arroganza da mostrare nelle feste".
"Un ragazzo eritreo - conclude la lettera - mi raccontò che un giorno andò a scuola, ritornando al suo villaggio lo trovò distrutto e la sua famiglia sterminata. Cosa avremmo fatto noi, se non impazzire, cosa avremmo fatto noi che ci lamentiamo perchè abbiamo l'immagine rovinata dagli sbarchi dei clandestini?".
Una nuova tragedia del mare. Nella totale indirrefferenza dei più.
"Siamo partiti oltre venti giorni fa dalla Libia, eravamo in 78. Noi siamo gli unici sopravvissuti. I nostri compagni morivano e noi gettavamo in mare i loro cadaveri". A fatica, i cinque eritrei fortunati che sono riusciti a sbarcare a Lampedusa, raccontano stremati la loro odissea. Gli altri 73, stando alle testimonianze dei cinque, non ce l'hanno fatta, sono morti durante i venti giorni di viaggio e sono stati buttati in mare. E nelle acque maltesi sono stati recuperati dei cadaveri, che si suppone, possano essere dwgli eritrei.
Come ricorda la portavoce dell'Unhcr, gli eritrei sono richiedenti asilo. E all'alba di questa mattina, altri sbarchi sulle coste siciliane.
Gli immigrati sono stati soccorsi questa mattina da una motovedetta della guardia di finanza: erano su un gommone alla deriva, dopo essere rimasti per diversi giorni senza carburante e senza viveri. "Durante la traversata - ha raccontato Habeton, 17 anni, uno dei superstiti - abbiamo incrociato almeno dieci imbarcazioni, alle quali abbiamo chiesto inutilmente aiuto. Solo qualche giorno fa un pescatore ci ha offerto acqua e cibo".
L'imbarcazione è stata intercettata al confine con le acque territoriali, in seguito a una segnalazione delle autorità maltesi a quelle italiane impegnate nell'operazione frontex. Un allarme scattato solo all'alba di oggi, quando l'imbarcazione era ormai al limite delle acque di competenza del nostro Paese per quanto riguarda le operazioni sar di ricerca e soccorso in mare. Una circostanza che rischia di fare esplodere un nuovo caso diplomatico tra Malta e l'Italia.
APERTA UN'INCHIESTA. Il ministro dell’Interno ha chiesto una relazione al prefetto di Agrigento, che ha già aperto un’inchiesta. "Una richiesta di informazioni - spiega Isabella Votino, portavoce del ministro Maroni - che ha semplicemente lo scopo di sapere come sono andati i fatti. In ordine al racconto dei superstiti emergono elementi che devono essere chiariti".
LE REAZIONI. "E' allarmante - osserva Laura Boldrini, portavoce in Italia dell'Unhcr - che per oltre 20 giorni queste persone abbiamo Vagato nel mediterraneo senza che nessuna imbarcazione le abbia soccorse. Come se fosse passato il messaggio che ci arriva via mare sia una sorta di 'vuoto a perdere"'. Boldrini ricorda che gli eritrei che arrivano in Italia via mare "sono richiedenti asilo, persone in pericolo che cercano protezione a e a cui l'Italia riconosce questo bisogno e questo diritto". Un riferimento, sia pure indiretto, alla politica dei respingimenti adottata dal governo italiano dopo l'accordo bilaterale con la
Libia.
Più esplicito è Christopher Hein, direttore del consiglio italiano per i rifugiati: "dopo il primo
respingimento dello scorso maggio, il numero di sbarchi è drasticamente diminuito, ma l'Italia ha detto a metà luglio Alla commissione europea che non avrebbe più fatto respingimenti e ciò non è vero perchè ci risulta che nella prima parte di agosto ne siano stati fatti altri. Ce l'hanno comunicato i migranti stessi respinti in Libia, dove siamo presenti in un centro per immigrati".
DURISSIMO IL GIORNALE DEI VESCOVI. Migranti morti, l'Avvenire attacca "Occhi chiusi come con la Shoah". Così il giornale dei vescovi si scaglia contro le scelte del governo. "Nessuna politica di controllo dell'immigrazione consente a una comunità internazionale di lasciare una barca carica di naufragi al suo destino. E questa legge ordina: in mare si soccorre. Poi, a terra, opereranno altre leggi: diritto d'asilo, accoglienza, respingimento. Poi. Ma le vite, si salvano".
Durissime le parole di Marina Corradi: "Come in un'abitudine, in un'assuefazione. Quando, oggi, leggiamo delle deportazioni degli ebrei sotto il nazismo - scrive Corradi - ci chiediamo: certo, le popolazioni non sapevano; ma quei convogli piombati, le voci, le grida, nelle stazioni di transito nessuno li vedeva e sentiva? Allora erano il totalistarismo e il terrore, a far chiudere gli occhi. Oggi no. Una quieta, rassegnata indifferenza, se non anche una infastidita avversione, sul Mediterraneo. L'Occidente a occhi chiusi". "Così è stata violata una legge antica - conclude la giornalista - "che minaccia le nostre stesse radici. Le fondamenta. L'idea di cos'è un uomo, e di quanto infinitamente vale".
LA POLEMICA POLITICA. Ed è polemica tra le forze politiche: il governo difende la politica dei respingimenti con il ministro Roberto Calderoli che conferma la validità della "linea dura" sottolineando che grazie ai respingimenti gli arrivi di clandestini "sono fortemente diminuiti".
Alzano la voce dall'opposizione, con il segretario del Pd Dario Franceschini che dice di "provare orrore" di fronte al racconto dei cinque superstiti, e invita il governo "a chiarire in parlamento quello che è successo". Per Leoluca Orlando, portavoce dell'Italia dei Valori è "un'ennesima tragedia annunciata, una tragedia che pesa sulle spalle del nostro Paese. Non ci sono parole per commentare quello che è successo nel canale di Sicilia, una strage il cui presunto e altissimo numero di decessi speriamo non venga confermato". Orlando sottolinea: "Come ha recentemente detto il governatore di Bankitalia, gli immigrati sono per il nostro Paese solo una risorsa: Lavorano senza sottrarre lavoro, producono, versano i contributi e pagano le tasse, assistono bambini e anziani. Ma i loro diritti, a partire da quello dell'accoglienza, non sono tutelati e la Lega, il partito che tiene in ostaggio Berlusconi, continua a fare una Campagna di odio contro di loro". "Berlusconi - ha concluso Orlando - fa salire su aerei di stato amici ed escort, mentre le navi dei clandestini vanno alla deriva senza che nessuno presti soccorso".