Insegnare a cavalcare era la sua vita. Un’accusa infamante lo ha allontanato da questo mondo, facendogli provare la dura esperienza del carcere. Dopo un esilio volontario lungo 10 anni, Rocco torna alla Scuderia Montidoro, in parte di sua proprietà, per porre una firma che gli fa rinunciare definitivamente alla propria quota. Un tempo, per questa scuderia era stato un addestratore e istruttore di straordinario talento, fino a quando il suo pupillo Fabrizio non morì in un incidente durante una gara, disarcionato da un cavallo che risultò dopato.
Rocco è oggi silenzioso, saggio, profondo, dosa le parole e i gesti con sapienza e nasconde, dietro i suoi occhi limpidi, il dolore non risanato per la morte di Fabrizio. Fedele alla vecchia scuola di addestratori, per lui l’equitazione è più una filosofia di vita che una disciplina sportiva, nella quale uomo e animale entrano in un rapporto simbiotico e sono l’uno la guida dell’altro. Con umiltà e intelligenza si mette un’ultima volta al servizio della Scuderia Montidoro per chiudere i conti col passato e cercare terreno fertile per un futuro forte come una quercia.